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Vedi anche
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I disegni
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Anche per la Sartorari è valido il detto di lngres: “il disegno è la probità dell’arte”. Ma sui fogli dell’artista veronese, fino ad ora mai esposti, la probità non è rivolta alla “perfetta descrizione” o alla pigra registrazione del motivo prescelto, bensì all’ approfondimento delle sensazioni e al coordinamento di certi caratteri visivi, che risultano scelti, coltivati e cresciuti secondo il ritmo d’una speciale evidenza intatta non incrinata dalla bravura speciosa né dalla logora “falsità della cosiddetta arte realistica” prigioniera delle prescrizioni imitative.Per quanto sia particolareggiata, la struttura grafica dei disegni ora esposti non riconduce al “vero” ma (sia quando è conseguita sul versante del disegno inteso come figura tattile resa da sfumature d’ombra e dosature di luce, sia quando compie sull’altro versante in cui spicca imperiosa la linea pura) procede dalla determinazione o realizzazione delle ‘piccole percezioni (così le chiamava Cézanne) fino a farle emergere in figure in cui la spontaneità dell’istinto, illuminato dall’intelligenza, suscita una persistente animazione, che consente di continuare a vedere le cose così come l’occhio dell’artiasta seppe scoprirle e subito trasportarle sul bianco della carta: quasi facendole risorgere a nuova vita via via che la trama dei segni e delle sfumaturevibranti andava assestandosi sulle tracce dell’ordito disegnativo iniziale. Così imprevedibili frutti di un’indagine penetrante, le figure ci appaiono trasferite in ambito di appartata mite semplicità, schietta e disadorna, “risanata e pura”. E inducono a ritenere che la Sartorari è stata capace di un garbo espressivo simile a quello del disegno di Corot, là dove risulta più improntato a quella “specie d’ingenuità di visione” che Roger Fry seppe cogliere in tutto il suo valore di segreta forza rigeneratrice.Per quanto siano ravvicinati, i personaggi tratti dai modelli appaiono sul bianco paglierino dei fogli come difesi da una distanza irriducibile: chiusi in un alone di trasognamento, o sospesi in atteggiamenti di abbandono, o isolati in zone silenziose, dove si avverte solo il palpito lieve o incisivo dei segni...Ecco il “Contadino che guarda”, e la “Contadina addormentata” (il segno, tenero e duttile, ne rivela la vecchia mano artritica, la secchezza del corpo irrigidito, la povera capigliatura, e il particolare del piede magro nello scarponcino deformato). Ecco gli studi dedicati alla madre (l’attenzione acuta dello sguardo, la misteriosa solitudine nel riposo, la concentrazione nel lavoro a maglia) e quello in cui compare la piccola Maria (che legge, o appoggia il capo sulla mano, come sorpresa nel corso di una meditazione segnata dalle prime ansie dell’adolescenza, o si mostra di profilo); ecco la figura incantata del “Vecchio mendicante” (appisolato di squincio e quasi raggomitotato su una sedia nana) o quella della “Contadina in pensieri” (chiusa in se stessa ma come elevata da una regale dignità)... Nessuna concessione al bozzettismo agrodolce, che sfiora la caricatura e sollecita un riso facile e breve. Anche quando coglie certi particolari senza avvenenza, lo sguardo della Sartorari è sempre animato dalla stessa pietas che svela senza svilire: perché lo dirige la consapevolezza che il soggetto o motivo più grigio, “la pietra scartata”, può divenire “testata d’angolo’ e diffondere una non mai veduta luce esaltante.Nel ‘25, nel disegno del ‘Vecchio che sta leggendo”, la grafia consegue un apice di vivezza rappresentativa, resa con rapidi tratti intermittenti, ora leggeri ora marcati. e dal contrappunto delle piccole ombre che delimitano senza racchiudeile, le prevalenti zone in luce. Negli studi della fanciulla seduta sul gradino e della giovane contadina pensosa, l’energia grafica confluisce nell’alveo di una calma armosa: in particolare nel secondo disegno, in cui l’ispessirsi fluente e pittorico del segno di contorno e la sottigliezza delle zone ripassate, quasi zigrinate con lievissimi tratti accostati concorre a dare solennità e forza alla figura,che per l’energica solidificazione formale rammenta certi disegni del grande Cézanne, databili intorno al 1895. Ma nel bellissimo “Ritratto di donna” (che pur discende da quello della concontadina pensosa), la ricerca di una solidificazione della struttura grafica si svolge senza l’ispessimento dei contorni dinamici accostati (che invece persiste sui fogli di Cézanne) e si risolve in un risultato di smagliante nitidezza incisiva.
Luigi Verzellesi |
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